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mercoledì 27 novembre 2013

Repliche in Architettura

Ebbene sì, anche gli architetti replicano le loro opere.
Non conosco il motivo, ma posso immaginare che magari in quel progetto da loro ripetuto vedono l'idea vincente.
Il problema però, è quando una stessa struttura viene inserita in contesti diversi, cosa che non posso fare a meno di notare poco professionale. Ho osservato in tanti anni che spesso un progetto viene ripetuto in un altro luogo, attribuendogli anche una funzione diversa da quella iniziale.
Molte volte è lo stesso architetto a ripetere l'opera a distanza di anni. Situazione facilmente criticabile per ciò che riguarda non solo la contestualizzazione del progetto che non viene rispettata, ma l'opera stessa, svilendo la funzione e gli spazi che ne scaturiscono.
Non voglio assolutamente fare critica architettonica, ma i principi fondamentali sui quali nasce e vive un progetto dovrebbero essere chiari a tutti noi architetti. È inutile ricordare i principi ed i canoni dell'architettura, ripetuti così tante volte nel tempo dai grandi maestri, se poi quando c'è l'occasione si fa ben altro che applicarli.
Attribuisco un senso diverso ai dettagli architettonici che vengono ripetuti nel tempo.
Spesso c'è una precisa volontà di riprendere determinati elementi, in questo caso forse potremmo dargli una valenza storico-culturale, una ricerca del particolare che viene enfatizzato, o semplicemente reinterpretato nel proprio progetto omaggiando l'opera rivisitata.
La storia ci insegna che dettagli di Scarpa, Aalto, Wright, e altri maestri molte volte sono stati ripresi e rielaborati. In effetti, anche questi grandi maestri del passato a loro volta si influenzavano a vicenda nei loro progetti.
Sono vari gli esempi che potrei illustrare, ma mi limiterò solo ad alcuni.

Iniziando con la replica architettonica, un esempio a mio avviso criticabile è quello che riguarda le due opere dell'architetto Félix Candela, "Los Manantiales" costruito in Messico nel 1968, e "l'Oceanográfic" realizzato a Valencia (Spagna), nel 1994.
Due opere quasi identiche ed in questo caso anche con la stessa funzione (un ristorante), ma in un contesto completamente diverso.

Los Manantiales_Mexico
Photo via http://www.deutsches-museum.de/presse/presse-2011/felix-candela/

Oceanográfic_Valencia, Spagna

Naturalmente, viene da pensare che, essendo lo stesso architetto il progettista delle due opere, può risultare tollerabile la copia, soprattutto se la funzione contenitrice viene ripetuta.
Ma non credo che l'architettura si debba replicare in toto: non ha senso ripetere un'opera intera la quale viene ospitata anche in un diverso luogo.


Una sorte particolare è capitata alla gran parte dell'operato di Le Corbusier, imitato più volte nel resto del mondo. Un esempio di evocazione è la "Cappella di Notre Dame de Ronchamp", che è stata ripresa nella "Chiesa del Crocifisso" progettata da Costas Machlouzarides ad Harlem (New York) nel 1966.

Notre Dame du Haut_ Ronchamp, Francia
Photo © Alamy

Chiesa del Crocefisso_ Harlem, New York
Photo via harlembespoke.blogspot.com

In questo link (Stealing Beauty) potete leggere le tante copie che si sono fatte nel corso della storia, proprio delle opere di Le Corbusier.
È comunque una strana tendenza quella della copia, che sta avanzando in questi ultimi anni. Ho trovato una manciata di progetti praticamente uguali in questa pagina di Ark Inu con una Top 10.


Riguardo ai dettagli e ai particolari costruttivi,come dicevo prima, il concetto è un po' diverso.
Alvar Aalto, ad esempio, ha ripetuto la linea dei suoi lucernari sia nella libreria accademica "Akateeminen Kirjakauppa" a Helsinki (Finlandia) nel 1969, sia nella chiesa di "S.Maria Assunta" a Riola di Vergato in Italia nel 1975.

Akateeminen Kirjakauppa_Helsinki, Finlandia
Photo © Moleskine arcquitectonico

Chiesa S.Maria Assunta_ Riola di Vergato, Italia
Photo © Giacomo Beccari 


Un certo richiamo ai lucernari di Aalto l'ho notato anche nei lucernari del Parlamento Scozzese, disegnati da Miralles dello studio EMBT, in questo caso una reinterpretazione-omaggio da parte di un altro architetto.



Altri richiami di Miralles si notano nelle finestre dell'"Università di Vigo", che si ispirano alla "Esherick House" di Louis Kahn del 1959.

Università di Vigo_Spagna
Photo © EMBT studio

Esherick House_Philadelphia, Pennsylvania
Photo via http://www.dezeen.com/2008/04/03/esherick-house-by-louis-kahn/


Chiudo questo post con un caso particolare, dove un'architettura viene costruita per poi essere demolita e nuovamente ricostruita in uno spazio vicino a quello iniziale.
È il caso polemico della "Galeria Leme" progettata da Paulo Mendes da Rocha nel 2004 in Brasile, demolita nel 2011 per far spazio ad un edificio per uffici, e ricostruita a pochi metri di distanza. A voi le riflessioni…

Galeria Leme (primo progetto)_Brasile 

Galeria Leme (nuovo progetto)_Brasile

lunedì 26 agosto 2013

Anche la paglia è un materiale

Sono attratta da materiali poco utilizzati, a volte chiamati "poveri", come questo.
Quando scrivo post del genere, cerco di capire l'utilizzo al giorno d'oggi di questo tipo di materiali e le loro caratteristiche principali.
Qui in Olanda mi capita spesso di vedere la paglia utilizzata per ricoprire i tetti, un po' per mantenere un'antica tradizione locale, un po' per isolarli in modo ecologico.
La paglia è un buon isolante acustico e termico, è durevole nel tempo ed è eco-compatibile. Sono molte le costruzioni che in parte o del tutto vengono realizzate con questo materiale. Certo non è solo qui in Olanda che viene utilizzato, ma mi hanno incuriosito le molte ristrutturazioni che ho visto di recente nelle campagne olandesi, o edifici nuovi, per i quali gli architetti hanno preso ad esempio tipologie e materiali costruttivi tradizionali.


Questa costruzione a Zoetermeer nei Paesi Bassi è una rivisitazione in chiave odierna dello stile delle case tradizionali olandesi. Disegnata dall'architetto Arjen Reas, è immersa in una zona rurale, rispettandone il contesto, infatti l'architetto ha utilizzato la paglia per rivestire gran parte dell'esterno, non solo per il tetto come si faceva tradizionalmente, creando così un gioco di equilibrio tra materiali locali tradizionali e materiali moderni.



photo © Kees Hageman-Arjen Reas




"Groote Scheere" di Bureau B+B, nell'Overijssel in Olanda, è una tenuta di campagna organizzata con 9 costruzioni + 1 pilota per edilizia residenziale-agricola.
Ogni casa ha una tipologia unica e un nome proprio a seconda del sito che occupa e dell'elemento naturale che la marca, ad esempio la "Creek Villa" è attraversata da un torrente e ha il tetto che funge da ponte. In questa maniera sono state organizzate e denominate anche tutte le altre residenze: Reed, Field, Flood, Forest, Creek, Lane, Pond, Border e quella pilota Entrance. Lo stile costruttivo delle varie tipologie è simile, così da creare un unico complesso che si riconosca.
La forma ricorda un po' gli antichi fienili, i tetti sono ricoperti di paglia, ma in una maniera diversa, la paglia è stata inserita all'interno di un telaio in legno, così da risultare a filo con il bordo del telaio, creando un effetto più elegante, una maniera diversa e più consona agli schemi minimalistici odierni.
Inserito nel landscape olandese, questo complesso è una maniera nuova per rivalutare il settore rurale dei Paesi Bassi.




photo © Lard Buurman




Questo era proprio un vecchio fienile abbandonato. Ripreso e ristrutturato dagli architetti olandesi dello studio Arend Groenewegen per essere trasformato in un moderno studio-ufficio.
Il nuovo progetto ha rispettato sia la la struttura principale, migliorandone il basamento, sia il tetto, ricoprendolo con nuova paglia secondo le tecniche costruttive attuali. Gli architetti hanno adottato le lamelle per rivestire gran parte dell'edificio per avere una buona ventilazione.
Un progetto di riutilizzo nel rispetto del contesto rurale olandese.



photo © Arend Groenewegen Architect




Abbiamo anche esempi diversi, fuori dall'Olanda, come "Casa na Areia" a Gràndola, in Portogallo dell'architetto Aires Mateus, 4 casette di un vecchio villaggio di pescatori ricostruite con materiali tradizionali, come il legno, la paglia, etc.
La sabbia è parte dell'arredamento, ricoprendo il suolo in cucina e nel living.





photo © Nelson Garrido




E chiudo con un altro esempio fuori dall'Olanda, il "Community Market", a Yusuhara in Giappone, un edificio che racchiude un mercato per prodotti locali ed un piccolo hotel con 16 camere.
Realizzato dall'architetto Kengo Kuma, è in parte rivestito in facciata da blocchi di paglia per isolarlo dalle infiltrazioni di acqua, vista la gran quantità di precipitazioni che spesso si riversano nella zona. I blocchi sono montati su perni di legno, in modo tale da poter ruotare ed assicurarne la ventilazione.



© Photo Takumi Ota, Kengo Kuma & Associate

martedì 30 aprile 2013

Un'architettura "scritta"


Rieccomi, assenza lunga dovuta al riorganizzare tutto; lavoro, burocrazia, passioni, interessi etc. in una terra nuova: l'Olanda.
E bisogna dire che non è stato facile avere spunti creativi in questo lungo inverno nordico, gelido e grigio, spesso mi nasceva una voglia sana e prepotente di colore.
Praticamente ho passato mesi intrappolata in questi colori grigi, ed ora che comincio ad abituarmi all'idea, analizzo tutto ciò che mi circonda in maniera più critica.
Giorni fa notavo con un interesse diverso, la solita grande scritta su di un edificio pubblico, ed è iniziato quasi per gioco un processo di analisi nella mia mente, scritte, marchi, loghi etc. che da sempre accompagnano l'architettura: l'archigrafia (architettura e grafia).
In effetti il primo edificio che mi è venuto in mente è stato Il "Bauhaus", la scuola tedesca di design, architettura ed arte attiva tra il 1919 e il '43.
L'enorme scritta che occupa quasi tutta l'altezza dell'edificio, caratterizza quest'opera-icona.

© J. Pohl
 
Lo stile tipografico utilizzato per gran parte delle scritte e pubblicazioni del Bauhaus, è da attribuire al grafico-designer Herbert Bayer.
Lui identificò e creò uno stile adatto al design di quell'epoca, e molti grafici presero spunto in seguito.



Sono vari gli edifici emblematici che mi sono venuti in mente, in Italia chi non ricorda il "Lingotto" di Torino? Progettato nel 1915, l'edificio ha subito nel tempo numerosi ampliamenti e trasformazioni, ma la scritta è rimasta un simbolo. Grandi lettere colorate disposte lungo il corpo dell'edificio, ne testimoniano la grandezza e l'importanza che ha avuto in quei tempi.




Un altro edificio cult che mi sembrava giusto ricordare è il negozio della "Olivetti", progettato dal grande Carlo Scarpa nel 1958.
La scritta come un bassorilievo emerge dalla texture del muro, a sottolinearne il marchio stesso del negozio.


© T. Brown



E proprio sulla grafica di Scarpa, due anni fa fu allestita a Treviso una mostra dedicata alla sua passione per la tipografia e per i caratteri.
È stata la prima mostra dedicata alla grafica e alle iscrizioni che il maestro inseriva nelle sue architetture.




Bisogna dire però che questa mania per le lettere non è partita dai primi del '900, già in tempi remoti molti manufatti recavano scritte per far intendere il tipo di lavoro che vi si svolgeva o per indicare semplicemente il nome della famiglia che risiedeva in esso.
Con il tempo la maggior parte delle iscrizioni sono state volute proprio come un segno architettonico, a sottolinenearne il contenuto, e musei, industrie, fiere, esposizioni, mostre etc. hanno dato man forte a quest'utilizzo.
E con il tempo le lettere sono diventate sempre più grandi, lettere giganti come sculture.

Alcuni esempi come quest'archigrafia in Germania.

© M. Widrig


Oppure questa scritta realizzata in ferro battuto a Brescia dall'arch. R. Fogazzi.




Ed ancora la scritta della Stazione di Plaus (Merano), progettata dallo studio Architekturbüro D3




Ma le scritte sono state utilizzate anche come enormi insegne su facciate minimaliste, come quella del MoMA (Museum of Modern Art) a New York.
La scritta domina come quella del Bauhaus, sul lato della facciata, ad indicarne un ingresso.
Una sorta di stendardo moderno.


Sempre per il MoMA altre scritte riportate su altre facciate del museo.





Da alcuni anni poi, è nata in varie metropoli  la tendenza di inserire scritte-simbolo enormi nei centri storici, che rimarcano il nome della città, o semplicemente un simbolo che la individua.
Le troviamo in Amsterdam, Barcellona, Taiwan, etc. che vantano le loro scritte in alcuni spazi scelti come punti strategici della città.

"I amsterdam" è la scritta icona della città di Amsterdam.
Ormai diventata simbolo, la stessa scritta la ritroviamo anche in comuni gadget per i turisti, o semplicemente su riviste e depliant.




La scritta "Barcino" in Barcellona, nel barrio gotico, è situata nei pressi delle antiche mura difensive romane.
È l'antico nome risalente alla fondazione cartaginese della città.

© L. Dzierzanowski

La grande scritta "Love" in Taipei, Taiwan.




E quando è l'intero edificio a riportare come una pelle una serie di scritte o lettere?
È il caso dell'Alphabet Building" in Amsterdam, dello studio MVRD, dedicato alle piccole e medie imprese creative che in Amsterdam hanno problemi a trovare spazi adeguati.
Ogni finestra contrassegnata da una lettera dell'alfabeto identifica uno spazio occupato da un'impresa, praticamente viene definito un incubatore di idee creative.




E se siete degli appassionati di scritte, lettere, loghi etc., vi lascio con  il Buchstaben Museum, il museo delle lettere di Berlino che fa al caso vostro.
Ospita scritte, insegne e loghi che sono stati icone un tempo.




Una mia nota personale sulle scritte in architettura:
credo che una scritta su di un edificio abbia una responsabilità estetica.
Bisogna saper inserire con una certa sensibilità un'iscrizione, è parte del progetto, non può essere considerata solo un'aggiunta.
E nel caso si tratti di un intervento di ristrutturazione o restauro, allora il compito diviene maggiormente delicato. La storia ci accompagna con molti esempi di scritte inserite o poggiate su manufatti antichi. Realizzate in rame, ferro battuto, pietra, legno o materiali che ben si prestavano ad essere collocati sul manufatto antico, riuscivano ad amalgamarsi alla costruzione, rispettandola, e non deturpandola.
E credo che sarebbe molto interessante riuscire ad utilizzare questa stessa sensibilità oggi.

martedì 22 gennaio 2013

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